<%@LANGUAGE="VBSCRIPT"%> Liceo N. Rodolico
 

 

Attivita'

a.s.

2005-2006

Teatro
Spettacolo teatrale
Dott.ssa Margherita Cassano“Giovani cittadini europei dinanzi alla giustizia” : questo il titolo del convegno tenutosi lo scorso 24 ottobre presso la sede di via A. Baldovinetti del nostro Liceo e organizzato in collaborazione con l'Associazione “Gian Paolo Meucci” nell' ambito della “3° Giornata Europea della Giustizia Civile “ . Relatrice d' eccezione la Dott.ssa Margherita Cassano (a fianco nella foto), Giudice presso la Corte di Cassazione di Roma, che con la passione che da sempre la caratterizza ha coinvolto gli studenti delle classi II E – II G – V D - V G che affollavano la sala del convegno , trasformando la conferenza in un momento intenso di confronto sui temi più urgenti dell' educazione alla cittadinanza , della legalità e dell' impegno civile. La riflessione ha preso spunto dalla rilettura dei primi articoli della Costituzione Italiana che ha consentito di riscoprire non solo la straordinaria attualità dei suoi “principi fondamentali”, ma soprattutto l' idea stessa di uomo e di cittadino che i padri costituenti hanno tenuto presente ed hanno voluto promuovere.

Stimolati su temi e valori così forti, gli studenti non si sono sottratti al confronto, ma hanno posto molte domande in un crescendo di partecipazione che ha fatto dimenticare anche il suono della campanella.

Lo Stato di fronte alla micro-criminalità; la criminalità organizzata oggi; la risposta della Magistratura di fronte alle scarcerazioni facili; il ruolo del pentitismo : queste le richieste più ricorrenti negli interventi dei ragazzi. La Dott. ssa Cassano ha risposto ad ognuno, richiamando più volte la propria esperienza personale , in prima linea da anni sul fronte della lotta alla mafia ed è riuscita a conquistare la platea , sottolineando come contro le mafie ognuno possa fare qualcosa , soprattutto i più giovani.

“Non è necessario essere magistrati, politici o poliziotti per dare il proprio contributo affinchè la società sia davvero civile . E' guardandosi attorno e tenendo conto delle esperienze che si fanno personalmente nel quotidiano , che si può dare una risposta efficace e vincere nella lotta contro le mafie. A volte si tratta soltanto di rifiutare piccoli favoritismi che andrebbero a danneggiare il nostro prossimo…”Il magistrato ha poi ribadito quanto sia necessario che ciascuno conservi alta la tensione morale contro il crimine e, soprattutto , la grande criminalità e contribuisca in prima persona a promuovere una sensibilità nuova ,tenendo presenti alcuni doveri fondamentali del cittadino: innanzitutto quello di essere cittadini consapevoli , superando ogni indifferenza e contribuendo a promuovere politiche nazionali e internazionali che favoriscano la giustizia sociale contro ogni forma di sfruttamento e di illegalità. Quindi quello di mantenere la memoria di chi ha pagato in prima persona per il proprio impegno contro la mafia ( e qui il ricordo dei giudici Falcone e Borsellino ha avuto momenti di toccante commozione). Infine, il dovere di opporsi a modelli oggi vincenti, ma negativi e , non a caso, promossi proprio dalla mafia. “ Non dobbiamo rincorrere pseudovalori,” - ha infine concluso – “ ma rifiutare , in tutte le nostre scelte anche quotidiane, i modelli dominanti del denaro ,del potere, del successo facile, per riaffermare, invece, il valore dell' individuo per ciò che è e non per ciò che ha.” . Un noto pensiero di Giovanni Falcone recita “

Le idee non hanno gambe , ma le idee camminano sulle gambe degli uomini”.

Questo convegno al nostro Liceo è stata, crediamo, una piccola , ma significativa tappa di questo cammino.

Coordinamento d' Istituto : Prof. ssa Carla Mecocci - Prof. ssa Cristina Minucci

Convegno Nazionale su Italo Svevo

“Quella mia certa assenza continua ch'è il mio destino” – Quinta edizione de “I Colloqui fiorentini” – Nihil Alienum” , Firenze, Palazzo dei Congressi 23-25 febbraio 2006

SvevoIl Liceo Rodolico non ha mancato neppure quest'anno di essere presente al tradizionale appuntamento dei “Colloqui fiorentini”, convegno nazionale di letteratura italiana organizzato dall'associazione Diesse in collaborazione con l'Ufficio Scolastico Regionale della Toscana, con il patrocinio della Provincia ed il contributo dell'Ente Cassa di Risparmio di Firenze.

Mille studenti provenienti da tutta Italia si sono confrontati sull'opera di Italo Svevo elaborando tesine e racconti giudicati da una giuria composta da noti docenti universitari.

Dieci allievi del nostro Istituto hanno partecipato con entusiasmo al concorso presentando tre diversi elaborati.

SvevoGli studenti Alessia Bianchi, Carlotta Cirri, Niccolò Degli Esposti, Claudio Pagani e Rebecca Tosetti della classe II sez. E coordinati dalla prof.ssa Carla Mecocci hanno presentato una tesina sul complesso rapporto tra salute e malattia nei romanzi di Svevo, focalizzando in particolare le caratteristiche psicologiche dei personaggi ed il vissuto personale dell'autore.


Le studentesse Costanza Materassi e Annalisa Tognazzi della classe II sez. F coordinate dalla prof.ssa Cristina Minucci
nel loro lavoro intitolato “L'onnipresenza dell'eroe classico e l'assenza dell'inetto sveviano” hanno messo in evidenza come la figura dell'inetto si possa considerare la perfetta antitesi della tipologia tradizionale dell'eroe dell'epos classico che afferma la propria virtus all'interno della collettività.

 

SvevoGli studenti Luca Bizzeti, Simone Nencini e Lorenzo Patricelli della classe II sez. G coordinati dalla prof.ssa Cristina Minucci hanno presentato un elaborato dal titolo “L'assenza dell'antagonista nei romanzi di Svevo”, sottolineando la mancanza di una figura realmente antitetica all'inetto nei romanzi dello scrittore triestino in quanto nessuno degli altri personaggi descritti riesce a proporre uno stile di vita alternativo e gratificante.

SvevoAl termine del convegno il momento tanto atteso della premiazione ha visto protagonista il nostro Liceo :

sono state proclamate vincitrici del primo premio per la sezione tesina le allieve Costanza Materassi e Annalisa Tognazzi della classe II F.

Alcune note in margine al convegno

  …..”Abbiamo iniziato a studiare l'opera di Italo Svevo dietro sollecitazione della prof.ssa Cristina Minucci che già l'anno passato aveva dedicato a questo autore diverse lezioni ; è infatti il lavoro svolto in classe che ci ha fatto apprezzare le sue opere e soprattutto i romanzi che abbiamo analizzato a fondo. Siamo state provocate in particolare dalla straordinaria attualità della sua scrittura, e per questo abbiamo deciso di partecipare al convegno: volevamo approfondire la nostra conoscenza sulla vita e le opere di Svevo per sciogliere un po'il nodo ingarbugliato che è il suo pensiero e rapportarlo alla società attuale. Confrontandoci con gli altri gruppi di studenti partecipanti e assistendo alle lezioni di illustri docenti universitari come Andrea Caspani, Gino Tellini e Costantino Esposito, presidente di giuria del concorso, siamo riuscite non solo ad approfondire ulteriormente la nostra conoscenza, ma anche a relazionare con persone estranee accomunate da un medesimo interesse.

Quindi abbiamo analizzato soprattutto i personaggi dei romanzi di Svevo, antieroi letterari, fragili, insicuri e pieni di difetti, ma nelle loro emozioni e nelle loro paure estremamente vicini alle nostre esperienze di vita. Poi abbiamo evidenziato il forte cambiamento operato dall'autore nell'immagine esteriore della figura maschile rispetto allo stereotipo dell'epos classico: l'aitanza e la bellezza dell'eroe omerico vengono sostituite con il ritratto scialbo di una persona comune, non sgradevole, ma nemmeno particolarmente dotata.

Svevo guarda al mondo degli uomini qualunque per fare emergere gli egoismi camuffati in virtù e le loro indecifrabili nevrosi; sono proprio queste malattie croniche e la consapevolezza di possederle che danno all'individuo la “sanità” mentale: l'autore infatti condanna i malati che si dicono sani, ma dà credito a Zeno Cosini , protagonista de “La coscienza di Zeno”, che afferma che solo i malati capiscono qualcosa di sé. La sua analisi è permeata da un'ironia cupa e spietata, egli scopre le carte dei personaggi e smonta i sofismi e gli inganni con cui essi si creano un'identità.

Questi individui spesso nella loro affannata ricerca (o rincorsa) della felicità guardano senza vedere, senza riuscire a rapportarsi con gli altri e si rifugiano nel sogno. Svevo al posto della certezza introduce la convinzione che non è un dato reale e costruisce personaggi che, non riuscendo più a controllare la realtà, rimangono spesso succubi e vittime delle circostanze.

Essi si analizzano all'infinito ma non si accorgono di avere la felicità a portata di mano e non riescono a soddisfare pienamente le loro esigenze più intime che consistono in una percezione positiva della realtà.

Siamo poi giunte alla conclusione che altri autori contemporanei sviluppano e analizzano come Svevo questo tipo di personaggi: quello che riprende in maniera più esplicita la tipologia dell' inetto, è sicuramente Calvino che, soprattutto nel libro “Marcovaldo”, mette in risalto la difficoltà di riemergere da una situazione difficoltosa creata da una società sempre più materialista e frenetica. E' indubbio che Svevo registra più di ogni altro autore di questo periodo il disorientamento dell'individuo del suo tempo incapace di affrontare la realtà senza incertezze come gli eroi classici, ma il suo percorso letterario non si conclude con un'immagine di perdente : il suo inetto nei panni di Zeno Cosini, sa barcamenarsi di fronte alle insidie quotidiane dell'esistenza, convinto com'è che la vita non è né bella , né brutta, ma è originale…..”

(Costanza Materassi e Annalisa Tognazzi vincitrici del primo premio)

 
 
  Il popolo Saharawi: una nazione in attesa dell'autodeterminazione
La nazione saharawi, il "popolo del deserto", è per molti versi un caso eccezionale anche nel tormentato quadro delle realtà politiche e sociali che abitano l'intera fascia nordafricana e che si prolungano con denominatori culturali e religiosi comuni fino a tutto il vicino Oriente. La gente Saharawi, dal punto di vista della composizione etnica, è una sintesi straordinaria di almeno tre ceppi differenti che si sono intersecati fino a fondersi nel corso degli ultimi cinque secoli proprio nel bacino geografico dell'estremo Sahara occidentale, il ceppo berbero (le popolazioni nomadi del deserto), quello arabo e quello negroide di provenienza subsahariana (Senegal e Mauritania). E il territorio propriamente denominato Sahara occidentale, a sua volta, è un luogo fortemente differenziato per condizioni ambientali e relative fonti di sostentamento o di vero e proprio apparato economico, esteso per un'area che corrisponde a quasi la metà di quella dell'Italia e collocato fra l'Oceano Atlantico e l'Hammada (il terribile deserto a sud-ovest dell'Algeria, estrema propaggine del Grande Sahara) sull'asse ovest-est, il Marocco a nord e la Mauritania a sud. La vicenda storica e politica, nonché più specificatamente "umana", che riguarda questa popolazione è una sorta di archetipo vivente - e attuale - delle contraddizioni sempre più radicali e ingiustificabili proprie dell'era della globalizzazione tardo (o post) moderna. Già colonia della Spagna all'epoca dell'imperialismo storico, e delimitato secondo gli attuali confini dal trattato di Berlino del 1884, il territorio del Sahara occidentale non ha più smesso di conoscere invasioni ed espulsioni della sua popolazione autoctona, che vive tutt'oggi per buona parte in esilio di massa nell'Hammada algerino. Tagliato fuori dai grandi flussi della decolonizzazione degli anni '60 e '70, il popolo Saharawi ha dovuto subire prima, a metà degli anni '70, la spartizione della propria terra come colpo di coda del colonialismo spagnolo a favore del Marocco e della Mauritania e poi, come inizio dell'ultima fase della sua storia recente, l'invasione integrale del Sahara occidentale ad opera del regime autoritario marocchino che bada a mascherare i suoi intenti di annessione organizzando la "Marcia Verde" dei 350.000 coloni che occupano il territorio saharawi protetti dalle forze corazzate dell'esercito reale negli ultimi mesi del 1975.  Da questo momento la storia del popolo Saharawi, composto da pescatori e pastori, da agricoltori e artigiani, diventa un'inesausta, pressochè isolata e per molti versi sovrumana vicenda di resistenza e di lacerazione: una consistente parte della popolazione, infatti, reagisce all'invasione spostandosi (sotto i bombardamenti pesanti in pieno deserto) verso l'interno, cioè verso i territori algerini che sono gli unici resisi disponibili per la loro accoglienza, e preparandosi ad una lotta di resistenza di lunga durata; l'altra parte, ancora più numerosa, rimane nelle zone occupate dall'invasore marocchino, il quale si preoccupa di costruire nel corso degli anni '80 un "muro" (in effetti un vallo) lungo circa 2.400 km che taglia il deserto sull'asse nordest-sudovest dell'intero territorio saharawi, "difeso" dalla seconda area minata del pianeta (dopo la Cambogia) con una stima ufficiale di circa cinque milioni di mine anticarro e antiuomo, queste ultime quasi interamente di fabbricazione italiana. Questo assetto comporta che ormai da più di trent'anni molti saharawi non abbiano più visto il mare e la terra ad esso contigua, "casa" dei loro padri, mutando radicalmente ogni aspetto delle loro abitudini e attività lavorative e che, forse soprattutto, migliaia di famiglie non si siano più ricongiunte nell'arco, a questo punto, di almeno due generazioni storiche. Padri e figli, fratelli, a volte anche marito e moglie non si sono più ritrovati da tre decenni. Già dal 1976 l'ONU condanna gli avvenimenti in atto nel Sahara occidentale ma non progetta, per questa terra e questa popolazione, alcun intervento reale e diretto. Tra il 1988 e il 1989, finalmente, una risoluzione delle Nazioni Unite, supportata poco dopo da un'altra risoluzione dal Parlamento Europeo, proclama il diritto all'autodeterminazione del popolo Saharawi da sancire tramite referendum e istituisce allo scopo la MINURSO (Missione delle Nazioni Unite per il Referendum nel Sahara occidentale); è l'avvio di quello che si propone come un vero e proprio piano di pace per la regione. Nel frattempo, i Saharawi si organizzano per la propria sopravvivenza e per la propria liberazione che deve coincidere col ricongiungimento dell'intera popolazione. Già nel '73, come prima storica forma di autorganizzazione politica e militare, si costituisce il Fronte Polisario (Fronte Popolare di Liberazione del Saguiat-el-Hamra e Rio de Oro, territori che compongono il Sahara occidentale originario), con l'obiettivo dichiarato dell'indipendenza; nel '76, anno cruciale, viene proclamata la RASD in esilio (Repubblica Araba Saharawi Democratica), guida governativa della popolazione dei campi profughi e direzione politica della guerriglia condotta dal Fronte Polisario. Tutt'oggi, il Presidente della RASD è anche il segretario generale del Fronte, il signor Mohamhed Abdelaziz, combattente e dirigente della prima ora della lotta per l'indipendenza. I due contendenti principali (e dichiarati), il Marocco e il Fronte Polisario, nel 1991 accettano di negoziare una tregua e di fissare la data per il referendum per l'autodeterminazione ma nello stesso anno, sotto gli occhi del mondo e delle organizzazioni internazionali, il regime marocchino, partner politico e commerciale di molte potenze occidentali , organizza addirittura una seconda "marcia verde" (provocazione nella perpetuazione dell'invasione!) con più di altri 150.000 coloni spostati  nel Sahara occidentale. A questo punto lo stallo politico è totale, ogni risoluzione disattesa, ogni trattativa vanificata e anzi si radicalizza la repressione politica e militare del popolo Saharawi da parte del regime autoritario marocchino sia (soprattutto) nei territori occupati che nella guerra contro la resistenza del Fronte Polisario: moltiplicando i casi di detenzione senza processo, di tortura prolungata con la proibizione della presenza di osservatori internazionali, di deportazione di quote di popolazione Saharawi da una parte all'altra del territorio "colonizzato", di estensione delle aree minate (con immediata conseguenze tragiche per molti pastori nomadi con i loro animali) e, anche qui, di dilatazione esponenziale dei casi di "desapariciòn" degli oppositori interni o dei guerriglieri catturati, di ciascuno dei quali - e sono migliaia ormai - nessuno sa più niente. A fronte di ciò, e verificato questo dato dalle organizzazioni dell'ONU come l'UNCHR (l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati), la RASD nel corso degli anni e fino al 2005 ha liberato tutti i prigionieri di guerra marocchini, con motivazioni sia umanitarie che politiche. E sul referendum nessun soggetto ufficiale coinvolto nella crisi è in grado o ha intenzione (a seconda della prospettiva) di porre scadenze, individuando così la possibile fine del conflitto.  
I campi profughi, vera grande comunità Saharawi costituitasi appunto da trent'anni, sono un aspetto del mondo contemporaneo di cui tutti dovrebbero avere, almeno, una qualche sommaria conoscenza. Si tratta di quattro "provincie" realizzatesi come si diceva nel pieno deserto dell'Hammada (il "niente"...), ciascuna delle quali formata da sei villaggi eccetto una che ne ha sette. In tutto, nelle provincie, sono stimati circa 250 - 300.000 Saharawi  stanziali, che vivono da generazioni senza acqua corrente e senza luce elettrica (letteralmente!), in un'area desertica priva del tutto di alcuna forma di vita vegetale spontanea e col supporto di pochi animali sofferenti, cammelli e capre in generale, che si nutrono degli scarti dell'alimentazione fornita all'uomo esclusivamente dagli aiuti delle agenzie delle Nazioni Unite. Per contro, pur vivendo in questo inferno ambientale, i Saharawi sono ormai diventati una comunità sociale e politica quasi leggendaria non soltanto all'interno della grande Nazione Araba e Islamica. Pur aderendo ufficialmente, appunto, all'Islam è difficile immaginare, ed anche descrivere, la liberalità e l'importanza riconosciuta alle donne a tutti i livelli della vita civile e culturale, dalla libertà di abbigliamento alla gestione dei ruoli politici all'interno delle comunità di villaggio e provinciali, dalla cura dell'istruzione dell'INTERA comunità, dunque capillare e attentissima, alla vera e propria direzione dell'andamento della famiglia e della "casa", che per il novanta per cento dei casi è tuttora una tenda nel deserto. La donna è, a tutti gli effetti, il vero asse riconosciuto e rispettato del mantenimento dell'integrità, della dignità e della forza del popolo Saharawi in esilio. Tutto ciò, oltre tutto, nella forzata assenza di molti dei propri uomini, mariti e figli, impegnati in un estenuante e permanente presidio della "linea del fronte" lungo i 2.400 km del "muro della vergogna".
Vivere qualche giorno del tutto immersi nella realtà di questo popolo, come è capitato al sottoscritto nell'ambito di un viaggio politico-umanitario organizzato da enti locali toscani in occasione del trentennale della proclamazione della RASD (febbraio 2006), è un'esperienza indelebile, tanto coinvolgente quanto formativa. Dato che non esistono centri di accoglienza attrezzati e "stabili", nell'ambito delle immense tendopoli del deserto, si è ospitati a piccoli gruppi proprio nelle tende della gente Saharawi, ogni gruppo accolto e curato da una famiglia diversa. Questo significa che per l'intero periodo della permanenza nei campi si vive tutta la giornata insieme ai vari componenti della famiglia, dividendo con loro il cibo e l'acqua disponibile per la giornata e gli spazi della tenda per il giaciglio notturno. L'acqua proviene da alcune cisterne che ogni famiglia - composta per la grande maggioranza da donne di varie età - ha accanto alle tende e che vengono rifornite non più di una-due volte al mese da mezzi pesanti che arrivano dalla città algerina più vicina, Tindouf, città di confine a un'ora e mezzo di distanza di piste nel deserto. Tutto quello che la famiglia, cioè la popolazione della tenda, può gestire in una giornata è un secchio di quest'acqua, che deve servire per cucinare, per lavarsi e per ogni altra esigenza primaria; il che, in presenza di ospiti stranieri, viene riservato quasi integralmente a loro. Il cibo, oltre all'immancabile e basilare couscous, consiste (soprattutto per gli ospiti, è facile immaginare) in gulash (spezzatino con verdure) di cammello e in costolette di capra, cioè della carne delle uniche due forme di vita animale disponibili nei campi. I villaggi di tende si distendono quasi sempre senza una planimetria riconoscibile in mezzo al deserto, senza soluzione di continuità; venendo dalle piste di sabbia e pietre grigie non vi è nulla che anticipi la prossimità di un villaggio, nessun segno premonitore e nessuna gradualità di addomesticamento da parte umana della immane distesa di niente che occupa questa parte di mondo. Poi, all'improvviso, e ogni volta è un salto nell'incredibile, appaiono le prime sagome sparse di tende usurate e indistruttibili e dietro di loro, piano piano, si staglia il villaggio di tende intercalate a basse precarie casette con un unico vano dai muri di mattoni di sabbia e dal tetto di lamiera. Vivere con i Saharawi è respirare, concretamente, semplicemente e senza retorica, ciò che essi stessi ormai chiamano "democrazia partecipativa". Tutto è essenziale, ogni singola cosa serve a un qualche bisogno definito e non estemporaneo e non esiste - letteralmente - la dimensione del superfluo; e tutto è condiviso, dai compiti dei singoli alle musiche che fanno da sottofondo ai magnifici e inesauribili balli comuni, dai quaderni alle poche strutture in muratura, dai regali degli ospiti alla gioia di conoscerli. I visitatori ricevono più doni di quanti ne portino, e non viene richiesto loro nulla che la disponibilità sincera e la stima profonda non siano già pronti a dare a questo popolo sofferente e consapevole.      
Che dire alla luce di tutto ciò, nel primo decennio del Nuovo Millennio? Forse, soltanto, che quando si parla di comunicazione planetaria e di democrazia generalizzata, o da generalizzare, i popoli viventi dovrebbero anche vedersi riconosciuto senza condizioni il diritto inalienabile e primario di esistere nella propria dignità specifica e unica: che esige il non vedere più i propri figli, una generazione dopo l'altra, lottare per sopravvivere da profughi in un angolo sperduto di deserto.
                                                                                         Lino Gambacorta
I ragazzi del Rodolico a spasso nel tempo
GitaSi è conclusa positivamente l'esperienza delle classi IV A e IV C in gita a Pompei - Costiera Amalfitana - Paestum con quartier generale a Sorrento. La partenza stabilita per le 7.00 di mercoledì 8 marzo è stata ritardata di soli 10 minuti, poiché alla lista degli assenti si è aggiunta anche un'alunna, improvvisamente bloccata a letto da un'inaspettata rosolia.
La prima visita si è svolta alla Città della Scienza di Bagnoli, l'ex complesso industriale ora adibito a museo, nel quale gli alunni hanno potuto svolgere e toccare con mano diversi esperimenti,soprattutto in ambito ottico e elettromagnetico. Si è poi  proseguito in  pullman  fino  a Sorrento, destinazione Hotel Eden. Il mattino seguente sveglia di buon'ora e partenza per  la  città  di  Pompei  per un'interessante visita guidata agli scavi, dove gli studenti sono rimasti affascinati dalle  rovine  perfettamente  conservate, che ci forniscono uno spaccato di come si svolgeva la vita urbana romana fino al 79 d.c., anno in cui il Vesuvio sommerse con i lapilli e le ceneri della propria eruzione la fiorente cittadina campana. Ringraziamento particolare va alla guida che ha saputo rispondere in modo esauriente e chiaro a tutte le domande che ponevano gli studenti incuriositi. Anche i restanti giorni tutto è andato per il verso giusto nelle visite di Positano, Amalfi ed altre tipiche località della costiera: uniche note negative la nebbia e la pioggia che non hanno comunque tolto alle splendide scogliere il loro fascino.

GitaMa oltre alla visita d'istruzione vera e propria non sono mancati i momenti di svago durante i quali i ragazzi e le ragazze delle due classi hanno potuto conoscersi meglio e stringere nuove amicizie.

Gita

Federico Bacci IV A .

I templi di Paestum continuano ad attirare visitatori.

STUDENTI FIORENTINI IN VISITA A PAESTUM

Il maltempo imperversa, ma i ragazzi non si scoraggiano.

GitaSabato 11 Marzo 2006 le classi 4°A e 4°C del liceo scientifico “Niccolò Rodolico” di Firenze, si sono recate in visita al complesso archeologico di Paestum. Unico ostacolo il maltempo, accanitosi sugli studenti con raffiche di vento e piogge insistenti proprio durante la mattinata della visita. Nonostante la difficoltà presentatasi, i ragazzi sono rimasti affascinati dalle rovine dell’antica colonia greca, fondata dagli Achei di Sibari all’inizio del sec.VI a.C. I tre templi, che formano il complesso architettonico meglio conservato della Magna Grecia, hanno suscitato un particolare interesse fra i ragazzi, soprattutto per quanto riguarda la Basilica o Heraion, l’unico tempio con nove colonne sul fronte. E c’è stato anche chi ha voluto “confrontare” la propria altezza con quella di una colonna del tempio, facendosi nel frattempo scattare una fotografia. Altri invece hanno preferito “immortalare” lo stupendo paesaggio offerto da Paestum con le sue rovine che poggiano su una distesa di erba e fiori primaverili. Terminata la visita agli scavi, la guida ha portato gli studenti al museo, dove hanno avuto la possibilità di ammirare i vari reperti rinvenuti nel corso degli anni, tra cui bellissime idrie bronzee e oggetti di ceramica. Ma l’attenzione è stata catturata al momento della presentazione della nota “Tomba del Tuffatore”, che gli studenti desideravano vedere da alcuni anni. Sono riusciti così a soddisfare la loro principale curiosità e hanno fatto ritorno a Firenze, dopo aver appreso nuove conoscenze storiche ed essersi divertiti molto.

Miriam Ammannati, 4°A

Ricordo della gita
GitaGita
 

ITALIA – BELGIO – SPAGNA – PORTOGALLO :  VINCE  L’EUROPA

A conclusione delle numerose attività promosse ,in questo anno scolastico , dal nostro Liceo in collaborazione con l’ Associazione Gian Paolo Meucci sui temi dell’ Educazione alla Legalità, Martedì 23 maggio si è tenuto l’ ultimo importante convegno dal titolo :

“ L’ EUROPA DEI GIOVANI : DIRITTI E DOVERI .  Former sans exclure.

ConvegnoE’ stato un incontro dal sapore tutto europeo. Sono intervenuti, infatti, docenti di alcune scuole di Belgio, Spagna, Portogallo, che, coordinati dalla Prof.ssa Manuela Sebeglia , hanno presentato a studenti e insegnanti le attività che svolgono nell’ ambito di progetti europei ed, in particolare, di quello denominato “GRUNDTVIG 4 ”.

Gli intervenuti sono stati accolti , a nome del Dirigente Scolastico, dal Prof. Camici e dalla Prof. ssa Minucci, suoi Collaboratori . Dopo la presentazione della Dott.ssa Casati, Responsabile per la Formazione dell’Ass. “G. P . Meucci”e l’introduzione della Prof.ssa Mecocci , Referente per l’ Ed. alla Legalità del nostro Liceo , si sono alternati negli interventi i Professori MARINA BULAT, PHILIPE BODART, MADALENA BAPTISTA, JULIA CARRASCO, MARIA DE FATIMA MELO E MARIA DE FATIMA TEIXEIRA, che hanno illustrato ai presenti come operano nei rispettivi contesti scolastici e sociali per assicurare una “ formazione senza esclusione” : finalizzata, cioè, a rendere concretamente accessibili percorsi di formazione e di istruzione durante tutto l’arco della vita con un’attenzione particolare a quanti , giovani, ma soprattutto adulti, non sono più inseriti nel sistema scolastico o si trovano in situazioni svantaggiate o di disagio.

ConvegnoNel dibattito che ne è seguito, gli studenti e gli insegnanti intervenuti in rappresentanza delle classi 3C 2D 4D 5D 2E 3E 2F 5F 1G 2G 5G hanno avuto la possibilità di far conoscere le attività svolte durante l’ anno scolastico sull’ Educazione alla Legalità e di confrontare le reciproche esperienze; ma, anche di avanzare richieste e manifestare le proprie aspettative per un maggior coinvolgimento nei progetti europei. Ne è emerso un desiderio comune , molto sentito, di incontri con studenti stranieri e soggiorni all’estero per poter conoscere esperienze di giovani studenti di altri paesi , allargando i propri orizzonti in una prospettiva interculturale, in linea con quanto già avviene nel nostro Liceo, come ha ricordato la Prof. ssa Ferrazzuolo. Insomma, una grande voglia di Europa !
 
ConvegnoA termine del Convegno, i ringraziamenti sono andati, oltre che ai relatori, a tutti i docenti che hanno concorso al successo dell’iniziativa - i Prof. ri Campestri, Caputo, Ferrazzuolo, Ferri, Gambacorta, Marchini, Nunziati , Orsucci, Terni - e alla preziosisima collaborazione della Prof.ssa Paola Chieli, che , facendo da interprete, ha permesso che tutti si comprendessero proprio...... senza esclusioni !

Coordinatore :  prof.ssa  Carla Mecocci