Potenzialità individuali e culturali
Ogni essere umano
possiede alla nascita potenzialità che possono essere definite
come potenzialità genetiche individuali e come capacità
di apprendimento (che prevede la possibilità di modificare, entro
certi limiti, le originali strutture genetiche), che si sono costruite
a partire dal contatto con una data cultura e come adattamento (secondo
la teoria darwiniana) ai rapporti umani nei quali l'essere umano è
coinvolto. Tuttavia il passaggio dalla natura alla cultura meglio definito
come il periodo evolutivo dello sviluppo, non è indolore.
Acquisire una cultura significa radicarsi in
un processo storico all'interno del quale si condividono/comprendono
valori e regole. In questo senso la persona con difficoltà
di apprendimento incontra senza dubbio difficoltà maggiori
proprio perché riesce a fatica, o non riesce affatto,
a cogliere gli elementi fondamentali caratterizzanti la cultura
di riferimento: è come entrare in un cinema quando
il film è iniziato e cogliere solo qualche vaga traccia
della trama.
Di conseguenza quando l'alimento culturale è
disadatto, disomogeneo, discontinuo, alterato, insorgono comportamenti
compensativi che hanno la funzione di meccanismi di difesa;
in questi sono compresi il comportamento autistico, quello
aggressivo/oppositivo, l'iperattività.
Lo sviluppo psico socio culturale dell'individuo
inizia infatti dal momento della nascita e può considerarsi
come una sorta di imprinting culturale che il soggetto riceve.
A questi caratteri culturali si aggiungono poi gli aspetti
psicologici che derivano dalla relazione con la madre: questi
condizioneranno e formeranno la sua personalità.
Il percorso di evoluzione di un soggetto si caratterizza dalla
richiesta di soddisfare un numero sempre maggiore di bisogni:
all'inizio c'è il cibo con la suzione del latte, successivamente
si aggiungono elementi ambientali e culturali che portano
il soggetto a uscire dalla relazione esclusiva con la madre
e ad aprirsi al mondo.
Tutto ciò è mediato dalla percezione che si
evolve e dall'emotività.
L'emotività è un altro aspetto che non va sottovalutato
perché può definirsi come una sorta di motore
dell'uomo. Ogni alterazione emotiva (insuccesso-frustrazone)
fa perdere colpi al motore così come ogni successo/rinforzo
fa guadagnare autostima e sicurezza.
Da queste regolazioni di benessere o malessere si sviluppano
le emozioni, i sentimenti, gli affetti ma anche i meccanismi
di difesa sia positivi che negativi.
Tutto il processo è sostenuto dalla memoria
e cioè dalla capacità di conservare la traccia
delle modificazioni che vengono organizzate secondo aspetti
temporali.
L'essere umano dispone di una memoria a breve termine,
considerata "di servizio" e di una a lungo termine dove invece si vanno a inscrivere quelle informazioni che
dureranno per sempre.
Il ricordo è il modo in cui usiamo la
memoria e possono distinguersi due modi di ricordare: il richiamo ovvero il richiamare qualcosa che è memorizzata in
modo più o meno integrale come ad esempio descrivere
una situazione, rievocare una poesia; il riconoscimento ovvero la capacità di scegliere tra gli elementi presenti
in un contesto o in una situazione quelli conosciuti.
Quando qualcuno afferma che è più
facile ricordare il viso di qualcuno piuttosto che il suo
nome si mette in evidenza il primato del riconoscimento sul
richiamo.
Nello sviluppo dell'uomo il riconoscimento si forma prima
del richiamo; questo lo condizionerà anche nel modo
di apprendere il linguaggio: in questo senso i bambini imparano
prima a riconoscere e comprendere espressioni verbali diverse
prima di essere capaci di riprodurle.
William Stern caratterizza tre stadi nel processo
evolutivo della memoria: la memoria motoria,
che si sviluppa durante il primo anno di vita ed è
legata all'attività motoria, all'imitazione e alla
coordinazione oculo manuale; il secondo stadio che si sviluppa attorno ai due tre anni si caratterizza per
la conservazione/archiviazione delle esperienze vissute nel
periodo precedente, in questo stadio l'imitazione si ripete
anche quando il modello non è presente, si riesce a
ricordare dove si è lasciato un gioco e a riconoscere
lo stesso come proprio e dunque differenziarlo da altri simili.
Crescendo poi si riesce ad associare un oggetto al linguaggio
e in questo modo a catalogarlo nella mappa mentale. Il terzo
e ultimo stadio che si sviluppa attorno ai 4-5 anni
dove la memoria e il pensiero assumono sempre più l'aspetto
di un linguaggio interiorizzato l'io si ancora alla realtà
e si comincia a distinguere il prima e il dopo.
La perdita di alcune informazioni acquisite poi è un
processo normale che non avviene però in modo omogeneo:
si dimentica più in fretta la parola o la sillaba più
lontana di un discorso o per meglio dire la parte iniziale
di un'informazione lontana.
Ma non tutto l'oblio segue un andamento crescente
e omogeneo. Ad esempio si tende a dimenticare meno quelle
informazioni che si caratterizzano come riconoscimento mentre
si dimentica più facilmente l'informazione che deriva
dalla ritenzione.
Si dimentica poi per diversi motivi, in primo luogo per il
decadimento spontaneo della traccia mestica; un secondo motivo
perché si dimentica è invece dovuto alla distorsione
delle tracce.
È presente poi un terzo motivo derivato dal sovrapporsi
delle tracce mestiche a causa di apprendimenti successivi,
in questo modo le nuove tracce si vanno a soprammettere alle
precedenti; è questo uno dei casi tipici che avviene
nel percorso scolastico. Ciò crea un'interferenza del
nuovo sul vecchio e del vecchio sul nuovo.
Infine, il quarto motivo, è derivante
da un'operazione di rimozione: è questo il caso legato
a ricordi traumatici dove l'azione di rimozione assume la
funzione di protezione del soggetto.
Alcune ricerche hanno dimostrato la prevalenza
della memoria visiva su quella uditiva, in secondo luogo è
stato dimostrato che si ricorda meglio ciò che ci interessa
maggiormente e non solo: la capacità di ricordare sembra
essere legata anche alla considerazione che un soggetto ha
di se' rispetto al livello di aspirazione che il gruppo sociale
gli propone. Sul piano scolastico ciò significa si
ricorda meglio ciò che si è sicuri di ricordare
(qui gioca un ruolo di primo piano il rinforzo dell'insegnante)
o ciò che più ci interessa.
Didatticamente poi andrebbe tenuto conto dell'effetto
di posizione seriale: il ricordo di una serie di informazioni
infatti non è costante, ciò significa che gli
errori che si verificano nella rievocazione non sono distribuiti
a caso ma colpiscono di più gli elementi che stanno
nelle posizioni centrali della sequenza appresa. È
facile infatti che di un discorso si ricordino meglio l'esordio
e la conclusione che non la parte centrale. Infine i materiali
organizzati si ricordano meglio come pure quelli che hanno
un significato chiaro e determinato.
La memoria non è una qualità unica
e uguale per tutti ma esistono memorie diversificate secondo
misura e qualità ed è certo che alla loro attivazione
contribuisca la motivazione e l'esercizio.
Per questo motivo, sul piano didattico giova
spezzettare l'apprendimento in tante unità che successivamente
vanno integrate.